Il peso invisibile della spazzatura digitale
Autore: Giovanni Bruno (INAF Osservatorio Astrofisico di Catania)
Gli ultimi anni hanno visto un’enorme crescita della domanda di risorse digitali. Principalmente, si tratta dell’accesso ai data center e alla trasmissione di dati: dal 2010, il numero di utenti internet è più che raddoppiato (siamo a 5.4 miliardi: una buona notizia), mentre il traffico di dati globale è aumentato di 25 volte. A livello mondiale, i data center consumano più elettricità di interi Stati.
Grazie a continui miglioramenti tecnologici, questo si è tradotto in un aumento relativamente moderato del consumo di energia (+20-70%, escludendo il mining per le criptovalute): i dati del 2022 parlano di un 2-3% del consumo globale di elettricità, e dell’1% della conseguente produzione di gas serra. Quest’ultima, poi, è stata contenuta per via dell’impegno delle principali compagnie del settore nell’aumentare il proprio approvvigionamento da fonti di energia rinnovabili, o nel compensare le loro emissioni.
Nonostante questo, però, e date le previsioni di aumento della richiesta nei prossimi anni (l’obiettivo delle Nazioni Unite è che per il 2030 l’intera popolazione mondiale abbia accesso alla rete), l’avvento dell’Internet of Things, ed un crescente utilizzo dell’Intelligenza Artificiale, sono necessarie nuove policy, ulteriori miglioramenti in efficienza e sforzi di decarbonizzazione della produzione di energia per arrivare all’obiettivo di emissioni zero nel 2050.
Figura tratta da Da Andrae, A. & Edler, T. Challenges 6, 117–157 (2015)
Cosa possiamo fare noi utenti per aiutare a rendere più sostenibile il mondo digitale?
Una delle prime cose è evitare di utilizzare risorse di cui non abbiamo bisogno. Un esempio che ci tocca tutti da vicino: si è stimato che il traffico mondiale di email nel solo 2019 – per più della metà legato a spam e messaggi non necessari – abbia generato circa 150 milioni di tonnellate di CO2e (definizione di CO2e qui), come un viaggio in utilitaria di circa 200 km per ogni persona al mondo. Questo è in realtà solo lo 0.3% dell’impronta globale di CO2e, ma mostra come possa essere facile fare anche solo dei piccoli passi in una direzione positiva. Naturalmente, calcoli simili si possono fare per tutte le nostre attività digitali più impattanti, come il salvataggio di dati su cloud o l’utilizzo di servizi di streaming e social media. E, per chi lavora nella ricerca, per il calcolo ad alte prestazioni, non incluso nelle stime precedenti.
Da questa considerazione prendono le mosse iniziative come il Digital Cleanup Day, che quest’anno è caduto il 16 marzo, e che vuole essere un’occasione per sensibilizzare all’importanza di ridurre la “spazzatura digitale” che produciamo. Come? Bastano alcuni semplici passi per cominciare:
- ripulire la propria casella e-mail, che probabilmente mantiene archiviati molti messaggi di cui non abbiamo più bisogno;
- considerare alternative ai messaggi con pesanti allegati, come quella di caricare (anche temporaneamente) i file in un cloud ed inviare soltanto un link (specialmente se a molti destinatari);
- evitare l’invio di email non necessarie, come quelle che contengono solo un “ok”;
- disiscriversi dalle newsletter che non si leggono;
- fare backup su cloud soltanto dei file importanti (si pensi anche alla quantità di foto e video che siamo ormai abituati ad avere automaticamente archiviati, senza nemmeno più pensarci);
- considerare la possibilità di spegnere la videocamera durante un meeting quando non necessaria, e di ridurre la qualità dei video che si guardano;
- ottimizzare il codice che si fa girare su cluster, supercomputer e cloud, facendo sì che non ci siano operazioni ripetute inutilmente;
- durante la navigazione, digitare direttamente il nome di un sito, se lo si conosce, per alleggerire il carico di lavoro sui motori di ricerca;
- ridurre il tempo che si passa sui social media.
Parola di chi scrive: il risultato potrebbe farci sentire più leggeri anche quando non guardiamo uno schermo.
Ultimo aggiornamento: 25 Marzo 2024, 11:51