Cambiamenti climatici

Responsabile: Leo Girardi

The beautiful Jokulsarlon glacier lagoon in Iceland, with sun beams from a dark cloudy sky

Obiettivi: indirizzare l’impegno dell’Ente verso azioni di contrasto al cambiamento climatico attraverso la condivisione di informazioni, materiali e metodi finalizzati a definire parametri comuni, conoscenze, competenze e buone pratiche. 

Attività: supporto alla realizzazione di inventari delle emissioni di CO2 delle Strutture, promozione di piani di mitigazione/adattamento, supporto all’assunzione di impegni formali di contenimento delle emissioni, comunicazione e formazione sul tema in collaborazione con l’ambito “Educazione e Formazione”.

Il contrasto del cambiamento climatico richiede, prima di tutto, il riconoscimento pubblico delle cause principali di tale cambiamento. A tale scopo non possiamo che corroborare le conclusione dell’Intergovernmental Panel on Climate Change (IPCC) che in successivi rapporti, ha inequivocamente e profusamente documentato che la causa principale sta nella emissione di gas serra (primariamente CO2) dovuta all’utilizzo di combustibili fossili quali petrolio, carbone, e gas metano.

I principi fisici che portano allo riscaldamento sono molto legati alla ricerca astrofisica, coinvolgendo concetti quali il trasferimento di radiazione, lo spettro elettromagnetico, l’opacità della atmosfera terrestre, l’albedo, la temperatura di equilibrio, ecc., concetti essi che dovrebbero essere all’ordine del giorno in un istituto di ricerca quale l’INAF.

Riconoscere il ruolo di questi fattori dovrebbe comportarne anche la diffusione, dove possibile, dei concetti scientifici che sono alla base del cambiamento climatico, concetti essi che sono messi in costante dubbio da soggetti che, mossi dall’ignoranza o in malafede, sostengono la continuità di una economia basata sul consumo di combustibili fossili. 

Il contrasto del cambiamento climatico all’interno di un istituto come l’INAF richiede, ovviamente, una misura iniziale del suo contributo al problema. Il metodo di misura più ampiamente riconosciuto e’ il “carbon audit”, che in sintesi traduce il consumo di energia complessivo di un istituto nel suo carbon footprint, misurato in “tonnellate equivalenti di CO2“. A tale scopo, il gruppo GREEN propone l’immediata realizzazione di un carbon audit, simile a quelli realizzati da altri enti di ricerca quali l’ESO. E’ anche auspicabile l’aderenza dell’INAF a iniziative che mirano a un monitoramento, in modo autonomo, del carbon footprint nel tempo — quali ad esempio quello promosso dal gruppo francese Labos 1p5, che offre i vantaggi di essere completamente trasparente, ben documentato anche su giornali scientifici, e a costo zero. 

Fatto il primo carbon audit, toccherà al gruppo GREEN l’identificazione dei modi in cui il carbon footprint dell’INAF potrà piuù efficientemente essere ridotto. Vista l’urgenza del problema, sarebbe auspicabile che l’INAF assumesse un impegno formale per la riduzione del suo carbon footprint, che sia quantitativamente in linea con gli impegni formali assunti dall’Italia e dalla Commissione Europea — come ad esempio quello del “Green Deal Europeo” di ridurre l’emissione di gas serra di almeno 55% entro il 2030. Ancora più auspicabile sarebbe un piano di riduzione totale, a lungo termine, come ad esempio quello sotto studio alla potente Max Planck Gesellschaft, che punterebbe a diventare “climate neutral” nel 2035. 

Ultimo aggiornamento

22 Settembre 2023, 13:59